Ischia e il poema popolare: scopriamo Luigi de Angelis

Luigi de Angelis, o come veniva confidenzialmente chiamato dagli isolani, Gigi, nasce a Roma nel 1883 da genitori ischitani e, qui, vissero il resto della loro esistenza. Il giovane si dilettò in tanti mestieri, come quello del barbiere che, all’epoca, era molto apprezzato.

Aprì una sua «bottega» sulla banchina del molo, mandando brillantemente avanti questa sua attività sino al compimento dei 40 anni, quando, decise di dipingere il paesaggio che tutti i giorni aveva davanti agli occhi e si rifletteva sugli specchi, dietro la testa dei suoi clienti. Iniziò cosi Luigi, dipingendo con acquarelli per bambini comprati al tabaccaio su fogli di carta da salumiere che poi attaccava con il sapone da barba sulla specchiera del suo salone. Un giorno, mentre sistemava la barba di un cliente, questi, rimase affascinato da un suo dipinto e volle acquistarlo. Hans Purrmann, “scopritore” di Luigi de Angelis come pittore, aveva vissuto a Parigi, negli anni di grandi stravolgimenti di gusto e cultura e qui, aveva fondato, con altri due pittori (Moll e Levy), la famosa scuola di Matisse

Dopo questo primo riconoscimento da parte di Purrmann gliene vennero presto altri da artisti e scrittori di tutta Europei. Gigi fu l’unico pittore napoletano a non subire influenze “moderniste” di tutti gli artisti che, a quel tempo, frequentavano Ischia. 

La vita del pittore

De Angelis, infatti, ha sempre mantenuto propria la semplicità che contraddistingueva le sue opere senza tentare di avvicinarsi ai modi dei suoi amici tedeschi che gli apparivano astrusi e stilisticamente complessi. 

Fu anche invitato a trasferirsi in Francia da un mercante ma Gigi rifiutò. Infatti, sapeva che, allontanato dalla sua terra e dai suoi rapporti di famiglia e amici, avrebbe perso le fonti della sua ispirazione.

Nel 1929, invece, espose alla «Libreria del 900» di Napoli e, nel 1930 fu invitato alla Biennale di Venezia, dove la sua pittura fu presa erroneamente per “novecentista”. Si tratto dell’unica volta in cui Luigi partecipò ad una esposizione pubblica di livello internazionale ritornando presto ad essere considerato, in Italia, come un pittore naif, quasi un artista della domenica.

Gli rimasero però i suoi amici pittori tedeschi e la stima di un ristretto gruppo di artisti italiani che, quando potevano, acquistavano anche alcune sue opere. Espose così a Parigi nella galleria Cramine; a Zurigo nella galleria Foster, a Berlino, al Milione di Milano, alla galleria di Genova e a Firenze presso la galleria S. Trinità.

Purtroppo, però, questo non migliorò la sua precaria condizione economica nel totale disinteresse dei concittadini. Abili trafficanti compravano da lui, a bassissimo prezzo, esponendo le opere per proprio conto in Francia, Svizzera e Germania, facendo lauti guadagni alle sue spalle.

La naiveté dell’artista

Questo termine indica una condizione spirituale e psicologica che consente di “scoprire”, nel mondo in cui viviamo, significati che sfuggono ad altri. Naif, quindi, è la condizione di vita del pittore, dell’artista. Si è pittore e se si ha l’occhio, la capacità di penetrazione, la facoltà di rivelare le realtà che si nascondono oltre le apparenze, si è artisti, dunque si possiede la naiveté

Fra de Angelis e Ischia c’è un rapporto simile a quello che c’è fra Chagall e il villaggio di Vitebsk. Come il grande pittore russo, Luigi narra vita e vicende umane della sua amata terra, trasformando ogni quadro nel capitolo di un poema popolare.

Spesso si scorge, nei suoi bellissimi quadri di figure, una linea ironica ed amara, che identifica la pietà e la commozione del pittore verso il mondo a cui si ispira e al quale si sente così indissolubilmente legato. Pure quando l’ispirazione appare stimolata da persone e fatti colti nell’ovvietà della quotidianità, la sua pittura cela qualcosa di remoto ed antico, che, comunque, vive sia artisticamente che culturalmente nel nostro tempo e in questo clima delle avanguardie artistiche da cui è caratterizzato.

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