Archeologia ischitana: il museo di Villa Arbusto a Lacco Ameno

Tesori di ceramica, coppe, utensili di un lontano passato del museo di Villa Arbusto a Lacco Ameno possono sembrare silenziosi ma, in realtà, essi parlano di una vita fatta di gesti quotidiani, di storie, di eroi…

Villa Arbusto conosciamo Omero con la coppa di Nestore e l’anfora che raffigura Aiace con il corpo di Achille senza vita sulle spalle. Sono reperti di morti comuni, di morti tragiche o di morti bianche come la raffigurazione sul Cratere del Naufragio dei pescatori che provano a salvarsi dalla furia del mare e un pesce enorme che ha già addentato un compagno. Si tratta di uno degli esempi più antichi di pittura vascolare figurativa che sia stata ritrovata in Italia.

Sono oggetti che parlano dell’antico passaggio nell’al di là, dei corredi funebri ritrovati nella necropoli di San Montano che ricordano mediante le immagini che la fine è una parte della vita stessa: le tre figlie di Erebo e della dea Notte, che si occupano di filare la vita degli uomini, nel vaso delle Parche.

Reperti che parlano anche di vita, di giochi con le rondelle circolari; della sensualità degli oli profumati nelle boccette; di gioielli e ornamenti preziosi; di vita giornaliera con i fornelli di terracotta; le grondaie decorate e gli scarabei egizi.

E parlano di trasporti con la “Stirpe dei cavalli”, in cui fa la sua comparsa il mulo, il cosidetto ciucciariello solo o attaccato al carretto.

Gli oggetti a Villa Arbusto parlano di archeologia ischitana e di lunghe ore trascorse al sole di Monte Vico o al Castiglione scavando con pazienza nel passato di Ischia. 

Il museo di Santa Restituta a Lacco Ameno

Vicino al cimitero cristiano è stato individuato un impianto per la produzione della ceramica che le popolazioni di Ischia, ricca di cave di argilla, portavano in tutto il Mediterraneo. La prima costruzione cristiana sorse nel IV-V secolo dopo Cristo con il nome di Santa Restituta, perseguita dai Cristiani in Oriente e fuggita da Cartagine. A seguito delle distruzioni saraceni fra il IX e il X secolo, il conte Marino edificò sul sito una chiesa nuova, che donò ai monaci Benedettini e fu ampliata, poi, nel XIV secolo.

Infatti, nel 1590 Sisto V fece annettere anche un convento di Carmelitani, a cui si deve la costruzione della Torre dell’Orologio. L’attuale chiesa venne ricostruita in seguito al terremoto del 1883. Oggi, il percorso museale si divide in due sezioni: il museo e scavi e antiquarium. 

Il museo 

Nelle sale del Museo è esposto tutto il patrimonio artistico del Santuario. Nella prima vi sono le anfore votive che i comuni dell’isola offrono ogni anno per la festa di Santa Restituta.

Nella seconda sala troviamo i paramenti sacri, gli ex voto, le coppe offertoriali di ceramica e gli oggetti liturgici di metallo. Vi sono poi brocche e vasi in Capodimonte risalenti al XVIII e XIX secolo, anfore cinesi del XIX secolo, le lucerne a piede rialzato e le pipe delle fabbriche napoletane, i piatti comuni firmati dai ceramisti napoletani.

Inoltre, conserva, oggettistica invetriata del XIII secolo, alcune ceramiche magrebine e ceramiche geometriche-ioniche, nonché materiali di età romana, ceramiche altomedievali, ceramiche campane e un bronzetto raffigurante Santa Restituta. Di grande rilievo anche la statua di Santa Restituta dormiente del XVIII secolo, che tradizionalmente viene portata in processione nella sacra rappresentazione della baia di San Montano.

Infine, la terza sala espone degli ex voto dipinti, delle statue lignee del Settecento napoletano e un presepe di artigianato napoletano del XIX secolo.

Scavi e antiquarium 

L’antiquarium è nella cripta del santuario e raccoglie molti reperti archeologici greci, romani e bizantini di tutta l’isola. fra questi vi sono urne cinerarie e arredi funerati, cippi funerari e onorifici e frammenti architettonici. Da notare anche le monete campane trovate a Monte Vico dell’epoca del 450 e 340 a.C

La vasta raccolta di oggetti di uso quotidiano testimonia storia e sviluppo di Pithecusae; vi sono testimonianze anche del culto di Apollo e di Eros ma anche del culto per madre natura. Molto singolare anche la collezione di amuleti e scarabei di culto egiziano. 

Tra i cippi romani, invece, vi segnaliamo quello di Seia Spes, una giovane che nel 154 d.C. fu la vincitrice della gara podistica nell’Italide svoltasi a Napoli.

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